Le anomalie nella preistoria dell’uomo riviste alla luce di nuove documentazioni scientifiche

Ogni disciplina scientifica possiede una struttura tipicamente conservatrice, e tende a respingere le idee che contraddicano dei principi o delle leggi convenzionalmente accettati. Basta rivedere la storia stessa della scienza, che molto spesso è stata scritta da personaggi che, a causa delle loro tesi rivoluzionarie, sono stati violentemente attaccati dalla “comunità scientifica ufficiale”, che vedeva messo in pericolo il loro prestigio o il loro schema di pensiero. Le idee che apparivano eretiche nel passato sono diventate i concetti base della scienza di oggi. Una nuova teoria entra in voga quando finalmente ci si rende conto che fornisce la spiegazione più semplice e coerente ai dati scientifici disponibili, pronta ad essere rimpiazzata in futuro, con il progredire delle conoscenze. Figure come Galileo Galilei, Charles Darwin, Albert Einstein hanno, soprattutto, il merito di avere abbattuto i pregiudizi culturali del loro tempo. Essi furono rivoluzionari, non tanto perché erano dei geni, ma perché erano delle menti indipendenti: hanno interpretato il mondo che li circondava nel modo più obiettivo, introducendo dei concetti inaccettabili per gli studiosi loro contemporanei . L’archeologia, più di ogni altra, sembra soffrire del cosiddetto filtro scientifico, messo in atto dal pensiero ortodosso, che impedisce di fatto la divulgazione o addirittura la discussione di scoperte che non si allineano con i dogmi consuetamente accettati come veri. Proprio questa materia fortemente empirica ha dimenticato il metodo scientifico, il quale impone che, quando un ipotesi di lavoro viene contraddetta anche da un solo esperimento, essa debba essere abbandonata in favore di un’altra che soddisfi i dati a disposizione. Ebbene, nell’ultimo secolo e mezzo gli archeologi hanno collezionato in tutto il mondo una serie di “anomalie”, che si scontrano con la ricostruzione ufficiale della nostra preistoria e storia antica. Molte di queste sono contraddizioni culturali o anacronismi tecnologici che sono sempre stati sotto gli occhi di tutti da molto tempo, altre, sono scoperte scientifiche recenti, altre ancora sono veri e propri reperti occultati o dimenticati, ritrovati grazie al lavoro di ricercatori nell’ultimo decennio. Il quadro che offrono rappresenta una mole di “esperimenti” che confutano l’ipotesi di lavoro precedentemente accettata, che vuole la preistoria dell’umanità popolata esclusivamente dai nostri antenati selvaggi e primitivi. Nel secolo scorso sembrava inconcepibile l’esistenza di una civiltà anteriore a quella egizia, prima che le città dei Sumeri venissero alla luce, proprio nei luoghi indicati dall’Antico Testamento. Fino agli anni ‘50 si credeva che i manufatti megalitici (europei e britannici) fossero il prodotto di una società primitiva, prima che l’archeoastronomia rivelasse le conoscenze astronomiche e matematiche insite in quei monumenti. Oggi grazie ad un approccio interdisciplinare all’archeologia siamo sulla strada per una ulteriore rivoluzione scientifica che in futuro cambierà anche la consapevolezza della nostra civiltà industriale, convinta di rappresentare l’apice della evoluzione intellettuale umana, in un cammino progressivo iniziato appena 100.000 anni fa. Ognuna delle anomalie, presa singolarmente, non costituisce una prova definitiva sufficiente per riscrivere i libri di storia. Se invece mettiamo assieme tutti i pezzi del puzzle, otteniamo una visione d’insieme sorprendentemente coerente che reclama una nuova e suggestiva ipotesi: · l’evoluzione dell’uomo non è stata progressiva e lineare come si crede, e nella preistoria sono esistite civiltà scientificamente e tecnologicamente avanzate. Tutti conoscono il mito di Atlantide, che risale a poco più 2000 anni fa, quando Platone ne parlò per la prima volta. La ricerca della civiltà perduta ha coinvolto negli ultimi secoli diversi studiosi, ma oggi nessun archeologo “serio” può permettersi di nominarla senza essere deriso dalla comunità scientifica mondiale, a causa di un pregiudizio culturale consolidatosi all’inizio del ‘900, anche grazie dell’approccio mistico esoterico di alcuni personaggi. Dagli anni ‘60, una nuova generazione di ricercatori, composta da geologi, paleoantropologi, astronomi, sta cercando di fornire nuove spiegazioni ai numerosi misteri dell’archeologia che (come sarà chiaro nel seguito) non sono più da considerarsi tali in questa nuova prospettiva. Ma la cosiddetta archeologia ufficiale, nonostante le solide prove fornite, considera le loro conclusioni materia per la narrativa fantastica, relegandole al di fuori dell’ambito accademico, negando loro la possibilità di divulgazione, poiché sfidano, non solo la ricostruzione normalmente accettata della storia della civiltà, ma anche il modello di evoluzione dell’uomo, le teorie geofisiche sulle trasformazioni della crosta terrestre. Per questo le loro ricerche sono note al pubblico interessato solo attraverso le pubblicazioni commerciali, spesso distribuite assieme ad altri lavori che hanno ben poco di scientifico . Lo stesso problema si presenta nel campo complesso dell’ufologia, in cui la scienza ufficiale non sa distinguere gli studiosi che indagano con metodo scientifico da certi personaggi mistici che vedono negli extraterrestri i profeti di una nuova religione galattica. I fenomeni UFO costituiscono una realtà sperimentale rilevabile da filmati e fotografie, rapporti militari, tracciati radar, interazioni con il suolo e con le persone, relegata al di fuori della legittimità scientifica da necessità di sicurezza nazionale. Il problema, in questo caso, si fa più complicato, poiché il controllo sulle informazioni viene esercitato dall’apparato militare.     ufo     La seguente relazione vorrebbe essere un resoconto sistematico di tutte le argomentazioni che contraddicono la visione accettata della nostra preistoria. L’obiettivo che mi propongo è quello di rielaborare le scoperte divulgate negli ultimi decenni, su libri e riviste specializzate, da ricercatori non ortodossi, in un riassunto organico velocemente consultabile, che possa servire come base per una corretta informazione. Cercherò di ricorrere il meno possibile a spiegazioni extraterrestri, in modo che anche i detentori del sapere ufficiale non abbiano alcun motivo di “scandalo” nel prendere in considerazione un’idea nuova, che risolve certi problemi persistenti e apparentemente insolubili. Questo potrebbe essere un punto di partenza per un cammino graduale di revisione delle nostre certezze scientifiche. Dopo un rapido riferimento alla teoria ufficiale (cap.II), presenterò un elenco di reperti e documenti archeologici inaccettabili nell’ottica tradizionale (cap.III), le indagini sui siti archeologici più misteriosi (cap. ), quindi un excursus sulle controverse conoscenze anomale delle grandi civiltà del passato (cap. ). Se sopravvivete a questa lunga esposizione potremo analizzare le prove geologiche che suffragano la nuova teoria (cap. ). Con questo bagaglio di dati a disposizione si possono analizzare sotto una nuova luce i miti e le leggende della letteratura mondiale che, per troppo tempo considerati parto della fantasia popolare primitiva, conservano il ricordo trasfigurato di avvenimenti reali e di conoscenze dimenticate (cap. ). Infine si potrà tentare di ricostruire una verosimile nuova versione della storia dell’umanità (cap. ).   [banner network=”altervista” size=”300X250″]   Cerchiamo di riassumere la storia dell’umanità, così come la troviamo scritta sui libri di testo scolastici. Alcuni milioni di anni fa un ramo della famiglia dei primati, l’Australopitecus, intraprende il cammino dell’evoluzione verso una forma di intelligenza e coscienza superiori. Le tappe di questo percorso sono testimoniate dall’anatomia sempre più umana e dal volume del cranio sempre maggiore degli scheletri degli ominidi rinvenuti: > 2¸1,5 milioni di anni fa: Homo Habilis, capacità cranica di 750 cm cubi circa > 1.500.000¸ 700.000 anni fa: Homo Erectus, capacità cranica di 1200 cm cubi circa > 300.000 ¸ 30.000 anni fa: Homo Sapiens: Homo Sapiens Neanderthalensis, capacità cranica di 1500 cm cubi circa, rimpiazzato dall’Homo Sapiens Sapiens attuale (nella forma originaria di uomo di Cro- Magnon), capacità cranica di 1200 ¸ 1800 cm cubi circa. Durante i 2 milioni di anni che formano l’età Paleolitica, gli ominidi sopravvivono di caccia, pesca e raccolta, affinano il linguaggio, l’industria degli utensili in pietra e in legno, imparano ad usare il fuoco. Poi, improvvisamente, in un periodo compreso tra 9000 a.C. e il 4000 a.C. (convenzionalmente suddiviso in età Mesolitica e Neolitica ), l’uomo impara a modificare l’ambiente a suo vantaggio, e il progresso culturale si impenna: si sviluppano agricoltura e allevamento, dal VI millennio a.C. inizia la lavorazione del rame e del bronzo, viene inventata la ruota, infine con la nascita della scrittura si assiste all’alba della storia: nel IV millennio a.C. fioriscono, contemporaneamente, la civiltà egizia e quella sumera, seguite da quella della valle dell’Indo e quella cinese, quindi, attorno al 1500 a.C. sempre indipendentemente le une dalle altre, quelle centro e sud americane. Secondo il parere di alcuni evoluzionisti, l’esplosione culturale degli antenati dell’uomo è un evento straordinario. La crescita intellettuale degli ominidi è rapidissima: la velocità di accrescimento delle dimensioni del cervello (che raddoppiano in circa 1 milione di anni) supera i normali ritmi di selezione naturale, consoni alla teoria darwiniana, specialmente perché non esiste un fattore ambientale che spinga un animale a sviluppare le facoltà di ragionamento, di espressione artistica, e di astrazione. La linea evolutiva umana è estremamente confusa e mancante di alcuni anelli di congiunzione: il capostipite, l’Australopitecus, non ha una struttura ossea adatta alla stazione eretta, l’Homo Abilis (di piccola statura e scimmiesco) e l’Homo Erectus (più alto ed umano) sono praticamente contemporanei e non possono quindi stare sulla stessa linea genealogica. L’anatomia dell’uomo moderno si distacca decisamente dagli immediati progenitori . Stupisce particolarmente il fatto che l’uomo di Neanderthal, un ramo estinto della famiglia degli ominidi che risulta contemporaneo a quello di Cro-Magnon e non antenato, avesse una capacità cranica che rientra nella media odierna (sebbene l’intelligenza non sia proporzionale al volume del cervello). Inoltre non si spiegano le distinzioni somatiche tra le varie razze dell’Homo Sapiens che, originario dell’Africa, dovrebbe essere migrato negli altri continenti negli ultimi 30.000 anni, addirittura gli amerindi e gli aborigeni australiani  non si sarebbero stanziati prima di 15.000 anni fa. La scoperta dell’agricoltura, una rivoluzione fondamentale nello sviluppo umano, avvenne quasi contemporaneamente e indipendentemente agli antipodi del pianeta. I primi esperimenti agricoli testimoniati dalla botanica risalgono al 9.500 a.C. circa, e si trovano nei pressi del Lago Titicaca sulle Ande Boliviane, sugli altopiani tailandesi, e sugli altopiani etiopici. Inoltre un precoce inizio interrotto sembra essersi verificato tra il 13.000 e il 10.000 a.C. in Medio Oriente . Le prime civiltà che sorgono sulla terra attorno al 4000 a.C., inaspettatamente, non presentano tracce di evoluzione. I Sumeri compaiono improvvisamente con una società molto complessa e specializzata, con conoscenze di astronomia comparabili con quelle del XIX secolo. La religione e la scienza egizia sono fin dall’inizio pienamente sviluppate, addirittura l’architettura denota una regressione nei secoli. Ancor prima del periodo d’oro delle civiltà orientali, dal 5000 a.C., una cultura sconosciuta esperta in geometria e astronomia, erige in tutta Europa un’infinità di megaliti. La civiltà Maya, dei primi secoli d.C., manifesta uno sconcertante divario tra le conoscenze scientifiche e le realizzazioni tecniche: elaborarono il miglior calendario della storia (dopo il nostro) senza essere capaci di utilizzare la ruota. Gli Incas, il cui impero prosperò fino al 1500, erano capaci di costruire le mura delle loro fortezze con blocchi monolitici che raggiungono il peso di 300 tonnellate. Il quadro che abbiamo davanti è poco coerente, il buon senso suggerisce che ci siamo persi per strada dei pezzi, che forse devono ancora affiorare da sottoterra. Oppure quei pezzi sono già nei musei, ma non sono stati correttamente interpretati.     henge     III     REPERTI PROIBITI: GLI O.O.P.A.R.T. Con il nome di O.O.P.A.R.T. (Out Of Place Artifacts, cioè manufatti/reperti fuori posto) vengono indicate tutte quelle tracce di presenza umana che sono stati rinvenuti in strati geologici in cui non dovrebbero esistere, oppure quegli utensili di livello tecnologico incompatibile con le conoscenze della civiltà in questione. Anche se ciò non è riportato sui libri di storia, questi reperti sono molti e contraddicono palesemente la visione tradizionale della preistoria, con grande dispiacere per i pensatori ortodossi. L’abitudine a considerare questi ritrovamenti delle anomalie (chiamando in causa, ad esempio errori di datazione, fenomeni naturali, malafede dei ricercatori coinvolti), solo perché non rispecchiano gli schemi di pensiero accettati, ha permesso che questa mole di dati venisse accantonata e dimenticata, formando un vero e proprio capitolo di Archeologia Proibita. Con questo titolo, il ricercatore Michael Cremo ha pubblicato nel 1995 un volume enorme che cataloga tutti i pezzi dimenticati delle origini dell’uomo. Recuperando anche la letteratura scientifica della seconda metà dell’800 Cremo ha scoperto una vera e propria soppressione di prove che dimostrano che l’Homo Sapiens anatomicamente moderno esiste da decine di milioni di anni. Prove che per documentazione e numero e superano i pezzi sparsi e incongruenti che formano la linea evolutiva accettata. In seguito alla pubblicazione de L’origine delle specie di Charles Darwin, nel 1859, l’entusiasmo ha spinto i suoi fautori a rintracciare in fretta il percorso evolutivo della nostra specie a partire da un antenato ominide plausibile. Già nel secolo scorso, gli evoluzionisti erano certi che il genere Homo si fosse sviluppato solo recentemente, negli ultimi 2 milioni di anni. Per cui essi adattarono i reperti alle loro idee preconcette, anziché costruire la teoria sui fatti. Ogni ritrovamento che metteva in dubbio la cronologia dogmatica veniva sottoposto ad ogni genere di critica, mentre la minoranza delle scoperte gradite era accolta e propagandata con entusiamo. Ciò avvenne nel 1894 (il famoso uomo di Giava, battezzato Homo Erectus) e all’inizio del secolo con gli ominidi cinesi. I neo-darwinisti, dopo aver deciso quali reperti fossero da considerare autentici, hanno disposto sulla stessa linea dei frammenti fossili disordinati, spesso rinvenuti in condizioni dubbie, spesso appartenti a specie diverse (l’Homo Abilis è una pura invenzione antropologica, non esiste come specie a sé). Una generazione influente di studiosi ha alterato clamorosamente la reale antichità dell’essere umano, ricorrendo persino al falso (il caso dell’Uomo di Piltdown).  I concetti ortodossi sono radicati a tal punto che oggi la morfologia stessa dei fossili di ominide viene usata per datare un sito archeologico: anatomia moderna significa recente, anatomia scimmiesca significa antico. In questo modo non vi è alcuna possibilità di esplorare ipotesi alternative. Essere coscienti del fatto che la ricostruzione dell’antichità è soggetta a pesanti pregiudizi, ci aiuta ad affrontare, nel seguito, altri numerosi reperti dalle implicazioni ben più sconvolgenti, molti dei quali erano noti anche prima del contributo di M.Cremo, ma rimanevano oggetto di studio soltanto per gli scrittori di paleoastronautica . Impronte fossili umane sono rimaste impresse su formazioni rocciose antichissime, numerosi manufatti sono stati rinvenuti in strati geologici “impossibili”, anteriori all’era dei dinosauri, oltre 300 milioni di anni fa. Ci sono scheletri di razze umane sconosciute, e strumenti tecnologici dalla fattura moderna. Su tutto questo è calato il più assoluto silenzio, a causa del cosiddetto filtro culturale, o forse per insabbiamento intenzionale.

Impronte umane su roccia

Impronte umane impresse su una roccia del Triassico

Vediamo una rassegna dei reperti più importanti . 1) SCHELETRI DI HOMO SAPIENS 1. Scheletro completo di Homo Sapiens moderno a Olduval George, in Tanzania, fossilizzato in strato di 1-2 milioni di anni, rinvenuto dal Dott. Hans Reck nel 1913. 2. Omero e femore di uomo attuale, in Kenia, datati rispettivamente 4 e 2 milioni di anni (1965, 1972, documentazione ufficiale). 3. Femore anatomicamente moderno trovato sull’Isola di Giava nel 1894. Venne erroneamente associato ad un teschio di ominide primitivo a formare un fantomatico miscuglio che prese il nome di Homo Erectus, caposaldo ormai incontestabile della nostra linea evolutiva. 4. Ossa di Homo Sapiens rinvenute a Brescia dal geologo Giuseppe Regazzoni in strato del Pliocene (3-4 milioni di anni) (1860). 5. Cranio di ominide dalle caratteristiche controverse, scoperto dall’antropologo Richard Leakey in Kenia (1972). Presentava una capacità cranica inaspettatamente alta, con una forma facciale primitiva, e la stima dell’età oscillava tra 2,6 e 1,8 milioni di anni. Nonostante la sua classificazione come Homo Habilis, questo ominide non può appartenere alla linea evolutiva originata dall’Australopitecus (Fonte: Origins, di Leakey e Lewin). 6. Prove di trapanazione del cranio, praticata nell’era neolitica, a scopo magico o terapeutico (praticata anche oggi da diverse tribù africane che si trovano allo stadio neolitico). Il più antico è un cranio di uomo cinquantenne ritrovato in Alsazia da una missione archeologica nel 1997, datato al 5000 a.C. con il metodo C14. Il soggetto riportava le tracce di diversi interventi chirurgici, a cui sopravvisse, come dimostra la rigenerazione dell’osso cranico. 7. Scheletro umano venuto alla luce casualmente, in una miniera italiana (probabilmente decine di milioni di anni). 8. Scheletro completo di Homo Sapiens, scoperto in un bacino carbonifero risalente ad almeno  300 milioni di anni, presso Macoupin, in Illinois. (Fonte: The Geologist, 1862). 2) SCHELETRI DI UMANOIDI SCONOSCIUTI 1. Crani umanoidi anomali ritrovati in Perù dall’archeologo Henry Shapiro alcuni con la calotta allungata a pera (forse spiegabili con la deformazione rituale indotta dall’infanzia), altri con una doppia calotta cranica inspiegabile  (conservati al Museo Archeologico Nazionale di Lima). 2. Mummia egiziana di bambino (1,30 m) nella tomba di Tutankhamen, conservata inizialmente dallo scopritore Howard Carter, sembra in realtà un adulto pienamente sviluppato macrocefalo (1922, documentazione ufficiale). 3. Razza sconosciuta di umanoidi di bassa statura (1,30 m circa), i DROPA, in grotte al confine Cina-Tibet, rinvenuti insieme a misteriosi dischi di pietra , datazione 10.000 a.C. (anni ‘40). 4. Essere umanoide mummificato di 35 cm, 350 g, trovato da cercatori d’oro in una camera scavata nel granito, sul Pedro Mountain, nel Wyoming, nel 1932. La struttura ossea (rivelata da una radiografia eseguita da H.Shapiro), secondo antropologi dell’università di Harvard, era quella di un essere adulto o anziano . 5. Scheletro umano di 2,38 m, ritrovato in mare a 250 km a nord di Santiago del Cile, insieme ad ossa di animali preistorici e vasellame (1970) . 6. Ossa umane di grandezza straordinaria, con denti pesanti 430 grammi, a punta S.Elena in Perù. 3) IMPRONTE FOSSILI UMANE 1. Impronte di piede di diversi esemplari di Homo Sapiens su ceneri vulcaniche fossili, a Laetoli in Tanzania, risalenti a 3,6 milioni di anni fa. Scoperte nel 1979 da Mary Leakey, furono erroneamente attribuite all’Australopitecus . 2. Orma di scarpa, completa di tacco, impressa su roccia con incrostazioni di trilobiti del periodo Cambriano (oltre 500 milioni di anni) ad Antelope Spring in Utah. Scoperta e conservata da William J.Meister nel 1968. 3. Impronta parziale di sandalo, con distinguibili le linee di cucitura del filo e il consumo del tallone, fossilizzata su una roccia del Triassico (250-200 milioni di anni) nel Sisher Canyon, in Nevada. Trovata dal geologo John T.Reid nel 1922, conservata al Museo Americano di Storia Naturale di New York. 4. Impronta umana osservata in una roccia del Giurassico (150 milioni di anni fa) accanto a quella di un dinosauro, nella Repubblica del Turkmenistan. (Fonte: Notizie da Mosca, 1983). 5. Orme di piedi dall’aspetto umano, con 5 dita, arco e tallone, lasciate su terreni sabbiosi del periodo Carbonifero (320 milioni di anni, oggi roccia arenaria) in Kentucky, Pennsylvania e Missouri. Studiate dal professor W.G.Burroughs di una facoltà di geologia del Kentucky, nel 1938. 6. Impronta di scarpa su arenaria nel deserto di Gobi, decine di milioni di anni (Fonte: P.Kolosimo). 7. Altre impronte di scarpe su roccia, dalla datazione controversa, rinvenute a Caprie (Val di Susa, Italia), in Bolivia (museo di Cochabamba), sulle Ande peruviane, a Punauia (Tahiti).   4) REPERTI ANACRONISTICI 1. Conchiglia con volto umano scolpito proveniente da una formazione di roccia rossa Pliocenica (oltre 2 milioni di anni), trovata da Henry Stopes in Inghilterra (Fonte Geological Society inglese, 1881). Lavorazioni artistiche simili non dovrebbero comparire fino a 100.000 anni fa in Africa, fino a 30-40 mila anni fa in Europa. 2. Rudimentali utensili di pietra lavorati dall’uomo, eoliti, ed utensili di pietra più avanzati, paleoliti e neoliti, ritrovati in tutta Europa (Inghilterra, Francia, Belgio, Portogallo) risalenti alle ere del Miocene (5-25 milioni di anni), dell’Oligocene (25-38 milioni) e dell’Eocene (38-55 milioni). Documentati accuratamente all’inizio del ’900 in convegni internazionali di archeologia preistorica, vennero accantonati come prodotti di pressioni geologiche, poiché non dovrebbero esistere fino a 2-4 milioni di anni fa. 3. Oggetti di vario livello tecnologico nelle Americhe, risalenti al Pleistocene (fino a 2 milioni di anni), tra cui gli utensili di pietra di oltre 200.000 anni, trovati da L.Leakey  a Calico, in California negli anni ’50. Non dovrebbero esistere tracce di esseri umani nelle Americhe prima di 30-15 mila anni fa. 4. Punte di freccia e bolas vecchie di oltre 3 milioni di anni in Argentina (1912). Strumenti di pietra sofisticati, caratteristici solo dell’industria dell’Homo Sapiens, scoperti in una formazione glaciale a Sheguiandah, sui Grandi Laghi, in Canada, vecchi di almeno 70.000 anni (Fonte: Dott.Lee, Museo Nazionale del Canada, anni ‘60). Altri strumenti ritrovati dal geologo Virginia Steen-McIntyre, a Hueyatlaco, in Messico datati 300.000 anni mediante i radioisotopi dell’uranio (Fonte:  Geological Survey USA, anni ‘70). . 5. Utensili avanzati di pietra (tra cui mortaio e pestello) rinvenuti da una miniera d’oro, in profondi cunicoli che penetravano depositi del Terziario (33-55 milioni di anni), sotto Table Mountain, Tuolumne County, in California. 6. Statuetta di terracotta in un pozzo a 100 m di profondità presso Nampa, nell’Idaho, in una colata di lava solidificatasi almeno 2 milioni di anni  fa. Statuette di argilla ritrovate in uno scavo nei pressi di Acambaro nel Messico, nel 1945, raffiguranti rinoceronti, cammelli, cavalli (tutti animali scomparsi dalle Americhe da più di 15000 anni), e perfino dinosauri dell’era Mesozoica. 7. Blocco di agata trovato nei pressi di Artigas, in Uruguay, risalente a 130 milioni di anni fa, che ha rilevato, nella sua cavità interna, scritte in rilievo racchiuse in un disegno a forma di cuore, estremamente realistico (Studiato da ricercatori americani, Fonte: El Pais, 1997). 8. Vaso metallico fuoriuscito da una roccia precambriana, di 600 milioni di anni, a Dorchester, in Massachusetts. 9. Tubo metallico ritrovato presso Saint-Jean de Livet in uno strato di gesso antico 65 milioni di anni. Palla di gesso scoperta in uno strato di lignite dell’Eocene (45-55 milioni di anni), a Laon. Entrambi in Francia. 10. Pietra scolpita in forme geometriche a diamanti con facce umane, rinvenuta in una miniera di carbone a 40 m di profondità, (Fonte: Daily News, 1987). Cubetto di ferro con scanalatura incisa e spigoli arrotondati (come fosse lavorato a macchina), presso Vöcklabruck, in Austria, trovato in strati di carbone (Fonte: C.Berlitz). Catena d’oro lavorata incastonata in un pezzo di carbone (Fonte: The Morrisonville Time e Geological Survey, Illinois, 1891). In tutti i casi la datazione geologica fornisce un’età di circa 300 milioni di  anni e i reperti sono irreperibili, perché mai accolti in musei, ma lasciati nelle mani degli scopritori. 11. Muro di cemento, liscio e smussato, incontrato in miniera a più di 3 km di profondità, a Heavener, in Oklahoma (Fonte: testimonianza di un minatore, 1928). Blocco di marmo con forme regolari in rilievo, trovato in una miniera vicino a Philadelphia, Pennsylvania a circa 20 m di profondità (Fonte: American Journal of Science, 1831). Pavimento di pietre a mosaico dissotterrato durante uno scavo archeologico a Blue Lick Springs, nel Kentucky, 1 metro al di sotto dei resti di un mastodonte, un mammifero preistorico (Fonte: C.Berlitz). 12. Chiodo di ferro incluso nel quarzo, in California. Chiodo di ferro in una roccia, da una miniera peruviana, al tempo della conquista spagnola. Filettatura di una vite metallica ossidata impressa sul feldspato proveniente dalla Abbey Mine di Treasure City, nel Nevada (Fonti: P. Kolosimo e C.Berlitz). 13.  Cranio di antico bisonte selvaggio e cranio umano di 40000 anni fa, che presentano un foro circolare netto, che, per l’assenza di incrinature radiali, può essere stato provocato solo da un proiettile rotondo. Il primo si trova nel Museo Paleontologico di Mosca, il secondo, scoperto in una caverna dello Zambia, è conservato al Museo di Storia Naturale di Londra. (Fonte: P. Kolosimo). 14. Sfere metalliche di limonite (di durezza anomala), lavorate con scanalature parallele lungo l’equatore, rinvenute in un deposito di minerale Pre-Cambriano, stimato antico di 2,8 miliardi di anni. (Conservate al Museo di Kerksdorp, in Sud Africa). 15. Modellino di aereo in oro, proveniente da una tomba in Colombia, del I secolo d.C., completo dei particolari della cabina, sede del motore, coda e alettoni flangiati. Un professore di aerodinamica, ignaro della sua provenienza, dichiarò che la struttura alare a delta denotava capacità di portanza supersoniche. 16. Oggetto metallico non identificato (somigliante ad una bobina di trasformatore), incluso in un sasso di 15 milioni di anni, trovato da uno studente di geologia di Mosca (Fonte: Istituto Scientifico Salyut). I seguenti sono reperti molto più celebri, ampiamente citati in diverse pubblicazioni che trattano i misteri dell’archeologia. GEODE DI COSOGèode (roccia con cavità interna tappezzata di cristalli) trovato nel 1961 presso i monti Coso in California in cui era incastrato un oggetto costituito da una barretta metallica di 2mm di diametro, circondata da un collare di ceramica con un “cappuccio” esagonale ed una estremità di rame (simile ad una candela d’automobile) TESCHI DI CRISTALLO. PIETRE DI ICASi tratta di migliaia di ciottoli, affiorati in una località del Perù nel 1961, con figure incise, che descrivono, con un disegno stilizzato ma estremamente dettagliato, diverse scene delle attività scientifica di una popolazione sconosciuta. Le incisioni si possono catalogare in vari gruppi tematici: entomologia, geografia, astronomia, medicina Tra le più sconcertanti si osservano personaggi che scrutano il cielo con un cannocchiale, che utilizzano lenti di ingrandimento, interventi chirurgici come tagli cesarei o trapianti di organi (nel dettaglio del disegno si distinguono fegato, reni, cuore, emisferi cerebrali, i pazienti intubati), animali somiglianti a creature preistoriche (come toxodonti o rettili giganti). Le pietre furono prontamente bollate come falsi opera dei contadini peruviani . In realtà lo strato di ossido depositato sui sassi, anche sulla parte incisa, dimostra che i disegni sono molto più antichi, secondo lo scopritore, il dottor Javier Cabrera, risalenti ad almeno 65 milioni di anni fa. Infatti l’analisi petrografica colloca le pietre (dal peso specifico anomalo) nell’età mesozoica (230-65 milioni di anni). MECCANISMO DI ANTIKITERA. MAPPE DEGLI ANTICHI RE DEI MARI.Con questo nome sono diventate celebri alcune carte geografiche di epoca medievale, descritte nell’omonimo libro (1966) del professor Charles Hapgood (sostenitore di una originale teoria geologica descritta nel cap. ). Queste carte nautiche e mappamondi, a differenza di tutte quelle realizzate prima del XVIII secolo, presentano delle caratteristiche di precisione inspiegabili, riportando la longitudine corretta di località distanti fra loro migliaia di kilometri, rilevando la presenza di terre ancora sconosciute all’epoca della loro compilazione. L’unica spiegazione plausibile è che si tratti di copie di originali antichissimi prodotti da una civiltà avanzata grazie all’utilizzo della trigonometria sferica.      CARTA DI PIRI REIS. Disegnata da un ammiraglio turco nel 1513, a partire da mappe sorgente più antiche, fu rinvenuta nell’antico Palazzo Imperiale di Costantinopoli nel 1929. Oltre a rappresentare i continenti africano e sud-americano nell’esatta longitudine relativa, e le Isole Falkland (scoperte solo nel 1592), la carta delinea la corretta topografia subglaciale della penisola antartica, cioè il reale profilo della linea di costa sepolta sotto centinaia di metri di ghiaccio (l’Antartide è stato scoperto nel 1818). Ciò venne confermato dall’Aeronautica statunitense nel 1960, dal confronto con il profilo rilevato sulla superficie (mediante il metodo sismico a riflessione) dalla spedizione Antartica del 1949. Quindi, qualcuno ha intrapreso la mappatura dell’Antartide libero dai ghiacci in un’epoca compresa tra il 15.000 e il 4000 a.C., ultimo periodo di disgelo a quella latitudine, secondo i dati geofisici (oppure in ere geologiche ancora precedenti). Infatti, il contorno della costa sud-americana e l’idrografia continentale disegnata sono coerenti con il paesaggio che doveva presentarsi più di 15.000 anni fa. Inoltre viene riportata un’isola di grandi dimensioni, oggi inesistente  sulla posizione della dorsale medio atlantica, mentre le Azzorre sono molto più estese di oggi, forse per il livello del mare in epoca glaciale. Lo studio dei portolani evidenzia che essa faceva parte di un planisfero ottenuto attraverso una proiezione azimutale equidistante, centrata nei pressi del Cairo.

Dettaglio della mappa di Piri Reis Dettaglio della mappa di Piri Reis (America del sud)

  TECNOLOGIA EGIZIA. DISCHI DROPA.   Probabilmente questo elenco è soltanto la punta dell’iceberg, di tutto ciò che può essere stato scoperto e occultato negli ultimi 2 secoli: ritrovamenti mai riferiti alle autorità competenti per incredulità ed andati perduti. Abbiamo comunque un’idea della mole di dati a disposizione, che la stragrande maggioranza degli “addetti ai lavori” ignora completamente. E’ necessaria una precisazione sui metodi di datazione: metodo stratigrafico, metodo paleomagnetico, metodo con isotopi radioattivi (es: Argo-Potassio). Limiti ed errori del C14 per effetti della radioattività ambientale. Alcuni degli OOPART più sconcertanti purtroppo non sono più reperibili (come lo scheletro nel carbone dell’Illinois) ma la maggior parte è stata scoperti in posizioni stratigrafiche ineccepibili e le eventuali datazioni ai radioisotopi forniscono età talmente remote che gli errori dovuti alla precisione del metodo non sono significativi. La prassi seguita dai decani della scienza è consolidata: pubblicizzare i reperti che si inquadrano nel paradigma corrente e trascurare gli altri, poiché si riesce sempre a trovare una spiegazione alternativa. Se si tratta di ritrovamenti vicino alla superficie, allora il terreno può essere stato rimaneggiato e la datazione deve essere falsata (dimenticandosi che la maggior parte dei reperti tradizionali sono affiorati in superficie). Se sono stati rinvenuti in profondità, sono senz’altro una sepoltura recente, magari gli scopritori sono personaggi incompetenti, o addirittura è una frode. E quando la documentazione e i rilievi scientifici sono ineccepibili, allora basta fare finta di niente e chiudere tutto in un cassetto. E’ incredibile che le deduzioni dell’archeologia siano in ritardo di 150 anni rispetto alle evidenze sperimentali, e ciò è dovuto, non solo a ristrettezza mentale, ma anche a vera e propria malafede (come vedremo nel caso dell’Antico Egitto). I fatti sperimentali presentati confutano il modello di diffusione dell’Homo Sapiens a partire dall’Africa, anzi alcuni dei reperti più antichi si trovano nel nuovo continente. Si deduce che i fossili noti nella letteratura scientifica appartengano a vari ominidi che non discesero l’uno dall’altro in un percorso evolutivo coerente, ma convissero in diverse epoche con l’uomo anatomicamente moderno. La presenza della nostra specie già 30-40 milioni di anni fa su tutti i continenti spiega le nette differenze dei tipi razziali, ma riapre il problema dell’origine dell’uomo. I rapporti riguardanti esseri intelligenti, presumibilmente umani, fino a 600 milioni di anni fa (epoca in cui dovevano esistere solo forme di vita acquatiche) compromettono seriamente i concetti universalmente accettati sulla nascita e l’evoluzione della vita sulla Terra, confermando i dubbi espressi da diversi scienziati del campo. La visione meccanicistica dominante prevede che la vita abbia avuto origine da processi casuali che formarono dei composti organici negli oceani di 4 miliardi di anni fa, per poi evolversi attraverso la selezione naturale, tramite mutazioni del patrimonio genetico. Però non si ha idea di come le sostanze del brodo primordiale si siano organizzate “spontaneamente” nel formare la prima cellula, trasgredendo il III Principio della Termodinamica. E’ stato calcolato che anche il più semplice batterio, per formare accidentalmente il proprio patrimonio di enzimi, impiegherebbe più di 40 miliardi di anni. Inoltre il periodo di tempo che ci separa dalla comparsa dei primi organismi unicellulari (amebe) è insufficiente per produrre la complessità di tutte le forme di vita, semplicemente attraverso mutazioni genetiche aleatorie. Quale intelligenza era presente sulla Terra 2,8 miliardi di anni fa, lasciando le sue tracce nelle sfere lavorate del Sudafirca? Questa nuova prospettiva ci permette di valutare con maggiore attenzione le strutture artificiali che sono state fotografate su Marte dalla missione Viking del 1976. Nell’emisfero settentrionale, nella pianura di Cydonia, sono visibili alcune enormi piramidi e un viso umano, modellato su un rilievo di circa 1 km quadrato. La NASA, che ha cercato di tenere nascoste queste informazioni, oggi conferma che il “pianeta rosso”, molto più antico della Terra, era in passato ricco d’acqua ed ebbe un clima e una morfologia adatte ad ospitare la vita.

La faccia di Marte e le piramidi La faccia e le piramidi fotografate su Marte nella regione di Cydonia

   IV     SITI ARCHEOLOGICI MISTERIOSI In questo capitolo vengono esaminate le scoperte più rivoluzionarie che ci obbligano a retrodatare alcuni complessi monumentali ben noti, e a prendere in considerazione nuovi siti sorprendenti in cui sono venuti alla luce rovine di civiltà ignote (su cui cala sempre il più assoluto silenzio). 1) INGEGNERIA EGIZIA Nell’Antico Egitto troviamo dei monumenti che, per imponenza e difficoltà di realizzazione, sono completamente incompatibili con i mezzi tecnici allora a disposizione. Si tratta delle grandi piramidi della piana di Giza, la Sfinge, il Tempio della Valle di Chefren, l’Osireion. Non vi è modo di spiegare come una popolazione dell’età del bronzo abbia potuto realizzare la Grande Piramide di Giza, una costruzione che sfida le capacità ingegneristiche moderne.     Mauro Quagliati, 1998     [banner network=”altervista” size=”468X60″]         fonte

Precedente Il manoscritto di Prajnâpârâmita Suna Successivo I misteri del Mercurio