Il Castello Visconteo di Trezzo sull’Adda (Milano)…

 

Presenze d'Ombra_Katia Celestini

Cari lettori questa volta vi proporremo un reportage con correlato articolo scritto per  S.A.R.De. dalla nostra ormai amica Katia Celestini che come sempre ringraziamo per il lavoro svolto.

                                                                                                                                                                                                                                  Redazione S.A.R.De.

Rosso come il Sangue

Il Castello Visconteo di Trezzo sull’Adda (Milano) sorge su un’ansa del fiume Adda, arroccato su un promontorio e protetto su due lati dal fiume e sul terzo da una torre quadrata alta ben 42 metri.
Questo castello, costruito in età longobarda (IV-III secolo a.C.) per volere, si dice, della regina Teodolinda, in origine era una rocca difensiva o un presidio militare per il controllo del territorio.
Fu distrutto e ricostruito varie volte nel corso dei secoli, prima durante le guerre fra Milano e Federico Barbarossa, poi durante quelle fra i Visconti e i Torriani per il predominio su Milano. Nel 1370, quando i Visconti sconfissero i Torriani divenendo i Signori di Milano, Bernabò Visconti, figura terribile e sanguinaria, ricostruì questo castello e ne fece la sua dimora. Dimora che in seguito diverrà la sua prigione e poi teatro della sua stessa fine (il nipote Gian Galeazzo infatti, rinchiuderà Bernabò nei sotterranei e successivamente lo avvelenerà con una zuppa di fagioli, per prenderne il posto a capo della Signoria).
Il Castello Visconteo si trovava a nordest di Milano ed era uno dei più importanti del milanese per la sua posizione strategica: fu costruito a difesa di un ponte che collegava le due rive dell’Adda. Questo ponte era un capolavoro di ingegneria, perché era costituito da un’unica campata di 72 metri, alto 25 metri, fortificato e costruito su tre livelli, coperti e illuminati da finestrelle a grata, per permettere il passaggio separato di carri e pedoni. Tale ponte fu però distrutto nel 1416 a causa di un assalto del Carmagnola, il celebre e spregiudicato conte-condottiero al soldo dei Visconti.
Oggi di questa roccaforte dalla storia tormentata fin dalle origini, fatta di cruenti lotte e di conquiste, restano solo la torre di 42 metri, il pozzo (in cui si dice che Bernabò gettasse tutti coloro che per qualche motivo erano divenuti scomodi o d’intralcio ai suoi piani (inclusi amici e avvenenti fanciulle con le quali si intratteneva una sola notte), i suggestivi sotterranei (luogo di torture e prigionia) e la spalla e l’attacco del grande ponte distrutto.

 

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La leggenda nera di Bernabò Visconti: il pozzo delle lame e la tortura della goccia

BernabòVisconti fu uno dei Signori di Milano più terribili e sanguinari.
Figlio di Stefano Visconti e Valentina Doria, nacque a Milano nel 1323. Gli storici dell’epoca lo descrivono come un uomo bello, intelligente, di grande cultura, abile politico e giurista, ma anche capace di atti di incredibile e maniacale crudeltà.

Chiunquefosse stato negligente nel partecipare alla caccia al cinghiale (importantissimo affare di Stato per il Principe), veniva torturato e ucciso.
Bernabò amava molto i cani e ne possedeva ben cinquemila, ma non potendosi occupare di tutti, obbligò i propri sudditi a provvedere loro, mantenendoli in buona salute. Periodicamente dovevano poi recarsi a palazzo per farne verificare le condizioni e se qualcuno dei cani era trovato in cattivo stato, ai malcapitati venivano inflitte pene severissime.

“Scegliete pure voi, o mangiare o bere”. Con questa frase allusiva il temibile Signore di Milano accolse i messi papali che gli notificarono in un caso una controversia e in un secondo caso la scomunica da parte di Urbano V. Il “bere” significava essere gettati nel fiume dai suoi soldati e così gli inviati del Papa preferirono ingoiare la pesante pergamena con tanto di sigillo di piombo e cordone di seta.

Ma l’anima nera di Bernabò Visconti non si limitò a questo e mostrò tutta la sua crudeltà nel trattamento riservato ai nemici catturati in guerra, ma anche agli ospiti indesiderati, agli amici divenuti scomodi e alle sue stesse amanti: nel Castello di Trezzo c’erano due profondi pozzi che terminavano nel fiume Adda. In uno di questi pozzi Bernabò fece montare delle affilate lame lungo tutta la parete in modo che quando qualcuno vi veniva gettato, prima di cadere sul fondo e finire nel fiume veniva completamente tagliato e trafitto, con indicibile sofferenza. Questa atroce sorte toccò anche a tutte le fanciulle con cui Bernabò si intratteneva. Organizzava feste sontuose e alla fine della serata, dopo averle sedotte, se ne sbarazzava gettandole nel pozzo. Anche una delle sue numerose figlie fu uccisa in questo modo, perché colpevole di essersi innamorata di uno stalliere, il quale venne a sua volta messo a morte.
Si dice che l’acqua del fiume Adda si tinse di rosso per giorni tanto era il sangue versato dai cadaveri di cui Bernabò si sbarazzava.

 

In fondo all'Orrore_Katia Celestini

 

Ma il pozzo dell’orrore non era l’unico strumento di morte utilizzato dal Signore di Milano.
I sotterranei del castello erano ricavati da grotte naturali, in cui l’umidità del fiume circostante creava diverse infiltrazioni d’acqua. In particolare in una di queste grotte, chiamata “stanza della goccia”, l’acqua cadeva dal soffitto in gocce ad intervalli regolari. Il prigioniero veniva legato e posizionato con la fronte proprio sotto a una di queste gocce che lentamente, giorno dopo giorno, gli scavava il cranio, portandolo alla follia e provocandogli una morte atroce.


L’esercito fantasma, il tesoro di Barbarossa e la tomba del gigante

Si racconta che durante la II Guerra Mondiale dei militari tedeschi si accamparono tra le mura del castello. Una notte però furono svegliati all’improvviso da forti rumori di ferraglia e si trovarono circondati da soldati con armature medievali pronti alla battaglia. Questi antichi cavalieri chiesero ai soldati tedeschi di unirsi a loro e di combattere insieme. Li portarono così al cospetto del loro Signore e gli offrirono da bere. La mattina seguente i soldati si svegliarono e pensarono che fosse stato tutto un sogno. La cosa strana però, è che tutti avevano fatto il medesimo sogno….
Solo suggestione dovuta ad un eccesso di alcool la sera precedente? Solo uno scherzo? O forse, era invece tutto vero? E chi era il Signore che avrebbe offerto loro da bere? Forse Federico Barbarossa che, si dice, aveva nascosto proprio nel castello un grande tesoro, e tutt’ora lo protegge?
Nei sotterranei del castello c’è infatti una porta, che però non conduce da nessuna parte perché proprio in quel punto il soffitto è crollato, impedendo così di capire dove portasse quel passaggio. Tuttavia si pensa che questa galleria conducesse nelle profondità della terra e poi, passando addirittura sotto il letto del fiume Adda, portasse ad un altro castello, distante qualche decina di chilometri. Nel medioevo questi passaggi sotterranei che collegavano i vari castelli erano comuni e servivano ad offrire una via di fuga alternativa in caso di assedio. E alcuni pensano che proprio in queste gallerie, ormai sigillate dal tempo, possa nascondersi il tesoro di Barbarossa.

Tempo fa, uno scavo archeologico condotto nel castello portò alla luce la tomba di un uomo longobardo, sicuramente si trattava di un personaggio importante, dato il ricco corredo rinvenuto. La stranezza è che misurando lo scheletro, questo risultò essere lungo più di 2 metri e 40 cm., tant’è che per riuscire ad inserirlo nella tomba, i suoi contemporanei gli spezzarono le ginocchia, per potergli piegare le gambe e farlo rientrare così nelle misure della sepoltura. Chi era quest’uomo dall’altezza eccezionale? Perché, se apparteneva ad un ceto elevato, non gli fu costruita una tomba apposita, ma fu riposto in un sepolcro non adatto alle sue dimensioni fuori dall’ordinario?

 

Croce di sangue_Katia Celestini

 

La parete che gronda sangue e lo spettro di Bernabò

Su alcune pareti dei sotterraneiadiacenti al pozzo delle lame e alla stanza della goccia affiorano, ancora oggi e in determinati periodi dell’anno, delle grosse macchie rosse, umide, molto simili al sangue fresco.
La leggenda vuole che questo sia il sangue delle numerose vittime torturate e uccise da Bernabò che sgorga dalla pareti per ricordare le atrocità da lui commesse.
Quando ho realizzato il reportage ho avuto modo di vedere da vicino questo fenomeno delle macchie rosse, in particolare, quando l’ho fotografato io, le chiazze, bagnate e rossastre, formavano al centro un’inquietante croce. Una croce di sangue.
Posso solo dire che mi ha dato i brividi e stando nei sotterranei si prova un fortissimo senso di oppressione e terrore.
Sono state fatte delle analisi per capire cosa fosse questa sostanza rossastra, e qualcuno dice si tratti di funghi o di muffe particolari, ma la vera natura di queste macchie resta tutt’ora un mistero.

Il 19 dicembre 1385 Bernabò Visconti fu assassinato nei sotterranei del castello con una zuppa avvelenata. E si racconta che il 19 dicembre di ogni anno vi sia l’apparizione del suo fantasma che vaga per il maniero, producendo tremende urla. Si parla anche del fantasma di una donna, forse la figlia che lui stesso fece uccidere.

Il Castello di Trezzo sull’Adda è intriso di leggende, di misteri e di fantasmi, legati per sempre a questo luogo dai terribili fatti commessi. E’ anche meta di numerosi Ghost Hunting e di studiosi del paranormale, perché molte sono le anomalie e le stranezze rilevate in questo posto.
Io stessa, rivedendo gli scatti effettuati a computer, mi sono accorta che su una parete di un piccolo anfratto dei sotterranei c’era la sagoma nebulosa di una sorta di animale, una specie di cinghiale. Ho fatto analizzare l’immagine dai GHT (Ghost Hunters Team, che ringrazio) e dopo una lunga e accurata analisi è risultato non essere di natura paranormale, ma forse dovuto ad un gioco di luce.
Il Mistero, però, continua….

Katia Celestini

www.alchimilla.it 

 

 

 

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