La presenza degli “Dei” nella storia dell’umanità

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Cari amici, tutti noi appassionati di misteri e paranormale cerchiamo la verità attraverso degli indizi che ci aiutino a trovarla, documentandoci, leggendo articoli su riviste, blog e quant’altro…….. ma la verità stenta sempre ad arrivare per mancanza di certezze. In realtà queste certezze spesso sembrano essere palesemente in vista e volontariamente ignorate o schivate dalla comunità scientifica e archeologica, forse perché rischiano di riscrivere la storia dell’uomo, delle sue conquiste e della sua stessa origine.

Oggi vogliamo mettere in evidenza le prove di un “aiuto esterno” che l’uomo del passato sembra aver ricevuto nel corso dei millenni da mano “Divina”, elencandovi alcuni dei più importanti e misteriosi ritrovamenti che hanno dato il via alla ormai famosa (e per noi FONDAMENTALE) Teoria dell’Antico Astronauta.

Cominciamo da quelle che sono certamente fra le più comuni e blasonate opere dell’antichità: Le Piramidi Egiziane di Giza. Tutti le conosciamo (perchè così ce le hanno sempre presentate) come monumenti funebri eretti dagli stessi egiziani in onore di alcuni dei più importanti Faraoni, ossia i regnati dell’epoca, e datate ufficialmente al 2.500 AC circa. Ma da alcuni anni questi dati hanno iniziato ad essere messi in discussione da numerosi studiosi che hanno fatto emergere moltissimi aspetti sconcertanti di tali costruzioni, partendo proprio dalla loro datazione, che all’esame del C14 (carbonio14) risulta molto più antica, addirittura di circa 8.000 anni, cioè al 10.500 AC. Le tre maestose Piramidi (Cheope, Chefren e Micerino) sono state erette nella Piana di Giza, in un punto che rappresenta la perfetta intersezione fra il meridiano e il parallelo che segnano il centro esatto della massa delle terre emerse sul Pianeta.

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Come se non bastasse i  quattro lati  della piramide di Cheope sono orientati esattamente secondo i quattro punti cardinali (anche se la bussola non esisterà ancora per alcuni millenni), con uno spostamento di soli 3 minuti di grado, pari allo 0,0015%, esattamente la metà di quanto ottenuto dagli architetti che hanno recentemente edificato l’osservatorio astronomico di Parigi. Se poi aggiungiamo i dati sui “numeri” della Grande Piramide di Cheope il mistero si infittisce: Il suo peso di 5 milioni e 273 mila tonnellate moltiplicato per un miliardo di miliardi è uguale al peso della Terra; il suo perimetro diviso per la metà dell’altezza è uguale al 3,14, cioè il pi greco, un valore (il rapporto tra la circonferenza e il raggio di un cerchio) che sarà scoperto molti secoli dopo lo stesso Cheope. La temperatura interna è esattamente la temperatura media della Terra e varia con il passare del tempo.

Si è inoltre scoperto che le pareti non sono perfettamente lisce ma impercettibilmente convesse. La curvatura che se ne ricava corrisponde al valore in gradi della curvatura terrestre. Secondo alcuni viste queste coincidenze, la piramide di Cheope sarebbe una rappresentazione in scala 1 a 43.200 della Terra.

Ma come fecero gli antichi architetti egizi ad avere tutte queste informazioni e a metterle in pratica con tale precisione e accuratezza?

Spendiamo due parole “solo” su un altro dei misteriosi oggetti dell’Antico Egitto che ci affascina da sempre: la “Lampadina di Dendera”. 

Rappresentata in alcuni rilievi all’interno dell’omonimo tempio, dove solo i sacerdoti erano autorizzati ad accedere, essa viene classificata da molti egittologi come una rappresentazione astratta di un serpente e un fiore di loto.

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All’interno dei cunicoli e delle stanze del tempio non sono stati trovati segni di ceneri o annerimento da combustione di torce (che erano l’unico mezzo di illuminazione dell’epoca) e tra l’altro è dimostrato che la quantità di ossigeno in questi ambienti non è sufficiente a mantenere in vita alcuna fiamma. E nemmeno i fantomatici sistemi di specchi in rame sarebbero mai stati in grado di portare la luce all’interno del tempio, visto che dopo pochi passaggi i raggi solari disperdevano la loro luce a causa della poca riflettività del metallo. Rimane quindi un mistero il modo in cui quei sacerdoti illuminavano il loro tempio sotterraneo e sul vero significato della enigmatica figura, visto che l’elettricità è una scoperta del secolo scorso.

 

Continuiamo la nostra analisi con un altro dei monumenti simbolo per gli “astroarcheologi”: “Il complesso megalitico di Stonehenge”.

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Tutti avremo visto o sentito parlare delle gigantesche “Pietre”, chiamate appunto Megaliti per via delle loro enormi dimensioni, situate nello Wiltshire, in Inghilterra, circa 13 chilometri a nord-ovest di Salisbury, sulla omonima piana. La datazione radiocarbonica del sito indica che la costruzione del monumento fu intrapresa intorno al 3100 a.C. e si concluse intorno al 1600 a.C, smentendo cosìnumerose precedenti teorie che lo volevano molto più “recente”. Al di la della funzione di antico calendario solare attribuitagli comunemente dagli archeologi, forse non tutti sanno che attorno al complesso si trovano una serie di cerchi concentrici che riproducono in scala le esatte orbite dei sei pianeti interni del nostro sistema solare, Luna compresa, con “ovviamente” il Sole al suo centro.

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Ma come potevano i costruttori di questo antichissimo monumento avere accesso ad informazioni che per noi sono note solo da alcune decine di anni? Inoltre non dimentichiamoci che la zona della piana di Salisbury è molto nota anche per essere forse la meta preferita dai “creatori” dei più famosi Crop Circles, anche se questo è un argomento su cui ritorneremo prossimamente.

 

Stonehenge è sicuramente la più famosa struttura megalitica, ma non l’unica, visto che ne esistono molte altre nemmeno troppo lontane, come il cosiddetto Cerchio di Brodgar, nella Scozia settentrionale.  Un sito circolare simile, ma risalente a circa il 7000 a.C e di cui ci siamo già occupati in precedenza (vedi altro articolo), si trova a Goseck, nella Sassonia-Annhalt, in Germania. Risalente al 9600 a.C., il sito di Gobekli Tape in Turchia – il più antico complesso templare conosciuto – presenta un analogo impianto di monoliti disposti a cerchi concentrici. In Italia sono presenti diversi circoli megalitici in Sardegna, come quello di Li Muri ad Arzachena e quello di Pranu Muttedu a Goni.

Andando oltre Oceano non diminuiscono i ritrovamenti alquanto inspiegabili e riconducibili alla presenza di antichi visitatori…anzi sono numerosissimi.

Partendo dai complessi Maya (che peraltro ricordano in maniera eccezionale le costruzioni egizie) potremmo parlare per ore dei misteri che circondano questa enigmatica civiltà, ma facciamo un “veloce” appunto su un gigantesco sarcofago ritrovato all’interno di una di queste piramidi nell’antico complesso di Palenque (Palenque è solo il nome dato dagli spagnoli durante il loro dominio alla località, il nome antico della città era “Na Chan Caan”, letteralmente “La Casa del Serpente Celeste”!). Sul coperchio vi era una raffigurazione del Re Pacal, una vera e propria divinità dell’epoca, (un “gigante” si dice, alto 2 metri, 2 metri e mezzo), che secondo la tradizione rappresenta il suo viaggio negli inferi.

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Ma osservando con più attenzione, alcuni studiosi hanno interpretato l’immagine in maniera molto diversa, tanto da attribuire al Re il soprannome di “Astronauta di Palenque”. Notiamo innanzitutto la posizione del soggetto, che ricorda in maniera straordinaria quella dei moderni astronauti nell’abitacolo di una navicella, che con le mani manovra una sorta di comandi e con il piede pare schiacciare una specie di pedale. Come se non bastasse dalla base della struttura del probabile motore, sembrano fuoriuscire delle vere e proprie fiamme, il cui significato non lascia molti dubbi sulla sua interpretazione.

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Proseguendo il nostro viaggio fra gli enigmi degli antichi visitatori ci spostiamo in India, quindi dalla parte opposta del Pianeta, dove però ritroviamo stranamente ancora racconti e oggetti che si ricollegano in maniera straordinariamente vicina a quelli appena citati. Nel Libro sacro del  Mahabharata, il più importante testo Sacro della religione Induista, nonché l’opera letteraria più imponente della storia (18 libri più un’appendice) vengono descritti fatti avvenuti fra 5.200 e 3.100 anni fa, e fra questi racconti ritroviamo anche quelli dei Vimana, delle macchine volanti utilizzate dagli “esseri celesti” per i loro viaggi. Nelle pagine del Libro ci sono moltissimi dettagli tecnici, addirittura veri e propri schemi che spiegavano la costruzione e il funzionamento di queste straordinarie astronavi, del “rombo che copriva tutti i quattro punti cardinali” e delle “luci fiammeggianti” che le circondavano durante il volo.

 

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Concludiamo infine con quella che è forse la più importante e chiara testimonianza storica di presunti visitatori alieni, che grazie al lavoro di persone come il grande Zecharia Sitchin , tutti noi siamo in grado di interpretare: i racconti delle tavolette Sumere sul popolo degli Anunnaki.

 

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Queste tavolette,  tradotte durante gli anni della vita di Sitchin, sembrano chiarire in modo incredibile le origini dell’uomo, incastrando in maniera mai così concorde i testi Sacri (Bibbia compresa) con le teorie scientifiche, riempiendo apparentemente tutti i vuoti che esistono fra queste due dottrine. Secondo le traduzioni, il nostro sistema solare avrebbe un pianeta membro che viaggia su una orbita molto ellittica, con un periodo di rivoluzione intorno al sole di circa 3600 anni. Questo pianeta (chiamato Nibiru dai Sumeri e Marduk dai Babilonesi), miliardi di anni fa, venne a trovarsi in posizione tra Marte e Giove dove un suo satellite ebbe una sorta di scontro cosmico con un pianeta che si trovava in traiettoria (chiamato Tiamat). Dallo scontro, il pianeta urtato venne sobbalzato assieme a un suo satellite (Kingu) tra Venere e Marte dando origine al sistema Terra-Luna; una parte del pianeta colpito, sotto forma di frammenti, ricadde sul suo satellite, e i residui dei satelliti del pianeta ‘invasore’ furono scagliati lungo una orbita oblunga e retrograda dando origine alle comete, altri pezzi rimasero li sul luogo dell’ impatto tra Marte e Giove generando la fascia degli asteroidi. Il pianeta ‘invasore’, che ospitava sulla sua superficie forme di vita organica a livello macromolecolare, trasferì nell’ urto parte di questa materia sul pianeta colpito.

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Secondo Sitchin la vita sul pianeta invasore si evolvette molto più velocemente che sul nostro, tanto che la civiltà che lo abitava (chiamati nei testi sumero-babilonesi Anunnaki), 450 mila anni fa circa, viaggiò fino alla Terra per fondarvi una colonia, intraprendendo lavori di estrazione di minerali, in particolare di oro. Furono fondati così i primi insediamenti nel medioriente, luogo di atterraggio degli abitanti del pianeta, e fu stabilita una gerarchia di comando per i lavori. In seguito a un ammutinamento di alcuni lavoratori, 300 mila anni fa circa, uno degli scienziati venuti dal pianeta (Enki), creò l’ Homo Sapiens (Lulu) mescolando l’ ovulo di una ominide terrestre con il suo sperma (e dando una spiegazione al famoso “anello mancante” nell’evoluzione dell’uomo). Questo per creare una serie di individui che portassero avanti le operazioni di estrazione al posto degli extraterrestri. Successivamente attraverso operazioni di ingegneria genetica questi esemplari furono resi capaci di procreare. Si diffuse così l’ homo sapiens nel pianeta, in particolar modo nell’ Africa, nel medio oriente, e nella valle dell’ Indo. Secondo Sitchin le storie raccontate dalla Bibbia, e quindi la Genesi, il Diluvio Universale, la vicenda di Sodoma e Gomorra, ma anche alcuni racconti lasciatici dalle culture egizie e mesopotamiche, non sarebbero altro che delle ‘cronache’ dei tempi in cui questi esseri abitavano sul nostro pianeta. Sitchin porta nei suoi libri l’ evidenza di ciò analizzando decine e decine di testi ritrovati sotto forma di tavolette in scrittura cuneiforme. Sitchin sostiene che la prima civiltà terrestre, quella sumera, non fosse altro che un prodotto della decisione di questi esseri extraterrestri di ‘educare’ i loro lavoratori creati ad hoc, concedendogli la regalità, la pastorizia, l’ allevamento, e la capacità di creare una società. Non solo, Sitchin mette in correlazione i ‘miti’ e le storie tramandate da diverse culture del nostro pianeta.

Tali teorie e traduzioni sono state raccolte in una serie di libri, il primo dei quali, dal titolo “Il Pianeta degli Dei”, ha raggiunto grande popolarità, anche grazie a molte conferme arrivate dal mondo scientifico. Ad esempio mentre Sitchin nel 1976 spiegava la fecondazione in vitro messa in pratica dagli Anunnaki (vedi immagine) per creare il loro “ibrido”, questa pratica era ancora in fase di sperimentazione e sarebbe stata divulgata solo due anni dopo, nel 1978, con la nascita del primo “test tube baby”, Louis Brown. Inoltre, sempre nello stesso periodo, egli descriveva i due pianeti Urano e Nettuno definiti nei testi Sumeri “pianeti gemelli” e affermando che uno dei due era “coricato su un fianco”, nonostante la prima sonda che fu lanciata verso i due lontani pianeti partì nel 1978 e raggiunse Urano nel 1986 e Nettuno nell’89, confermando che uno dei due era inclinato su un lato e che le loro dimensioni, composizioni e orbite erano quasi identiche.

Tutte queste e molte altre testimonianze e ritrovamenti archeologici sembrano non lasciare dubbi sul fatto che in un tempo lontano degli esseri provenienti dallo spazio ci hanno visitato, ci hanno lasciato delle tracce, hanno vissuto fra di noi e poi sono andati via, ma con la ricorrente promessa di un loro ritorno, che secondo molti sarà in un futuro non troppo lontano.

Prepariamoci quindi al ritorno degli antichi “Dei”, augurandoci di essere pronti ad accoglierli al meglio.

 

Fonte: SARDe Centro Ricerca

 

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